miércoles, 9 de febrero de 2011

Testimonios Peregrinos

Yo Camino en Bici

Paolo Capu
E’ una normale giornata di Febbraio, io sono davanti al computer nella mia casa di Madrid, dove sono in Erasmus, quando leggo una mail che mi disegna il sorriso sulla faccia, mio fratello mi chiede: “Ce lo facciamo il Cammino di Santiago in bici?”, non ci penso due e volte e gli rispondo: “Porquè no??”. E così arriva luglio e ci si vede a Pamplona, mio fratello dall’Italia porta le bici, le borse, tanto allenamento nelle gambe (al massimo io ho quello di cerveza e sangria) e le figlie, ma queste rimarranno qui dai cugini. Un giorno di San Firmin e poi si torna indietro di 40 km a Roncisvalle, la partenza ufficiale del Cammino Francese. E così la prima tappa sarà semplicemente Roncisvalle-Pamplona, inizio soft senza bagagli e senza grandi salite. Ma il giorno dopo iniziano i dolori: la bici pesa qualche chilo in più e a vederla così carica mi chiedo se riuscirò a fare almeno una pedalata, e il peggio deve ancora arrivare, perché per chi come me non è più abituato ad andare in bicicletta, tutta la stanchezza del giorno prima (40km, mica la Liegi-Bastogne-Liegi) si accumula sul proprio fondoschiena, e vi posso assicurare che è una sensazione di cui ogni mattina alla partenza avrei fatto volentieri a meno. Per percorrere il Cammino di Santiago c’è bisogno della “credencial”, una carta che ti permette di essere ospitati da ostelli a pochi euro e di collezionare timbri delle varie chiese e cattedrali lungo tutto il percorso. Così può capitare di dormire tranquillamente in una stanza doppia pagando 7-8 al massimo 10 euro, oppure capitare in una salone con 40 letti pagando ancora meno, con persone provenienti da un po’ tutta Europa, spesso non giovanissime…e via ai concerti di notte. Chi non è mai andato veramente in bicicletta non sa cosa significa andare veramente in bicicletta. E il luglio spagnolo diciamo che non è proprio l’ideale per sperimentare cosa significa andare veramente in bicicletta. L’asfalto è rovente, l’aria è secca, il peso della bici si fa sentire sulle gambe e sulla schiena, del fondoschiena non parlo nemmeno. La fame e la sete colpiscono all’improvviso ma non ci si può fermare in continuazione altrimenti si perde il ritmo, si perdono chilometri e non si arriva alla destinazione minima per sperare di finire il cammino in 10-11 giorni.
La mia bici ogni giorno ha un problema diverso: il cambio fa rumori strani, i freni funzionano male, rimango con il freno tirato per tre giorni senza accorgermene e non mi capacito di come la mia bici possa rallentare in discesa, figuriamoci in salita. Una mattina alle sette buco ovviamente una gomma quando tutto è ancora chiuso, e considerando la voglia che hanno gli spagnoli di lavorare stiamo freschi. Il ginocchio brucia per tre giorni ad ogni pedalata fino a che non decido di comprare un antidolorifico. Per due giorni ci viene sparato contro un fortissimo vento contrario. Ma passato tutto questo, il Cammino di Santiago è una profonda immersione nella storia, nella cultura e nella natura spagnola, una sfida per superare se stessi, un tuffo in un viaggio che solo chi ha veramente voglia di viaggiare può godere fino in fondo, e alla fine, come ogni viaggio, resta una grande soddisfazione ed un ricordo indelebile per tutta la vita. Le tappe più importanti del viaggio: la prima città importante che si incontra è Puente de la Reina, poi si prosegue verso Burgos, con degli abitanti davvero antipatici e una cattedrale a dir poco eccezionale che costa 4euro l’entrata, così preferiamo (per principio) ammirarla da fuori all’ombra dei quasi 40°C dell’una del pomeriggio. Alla precisa metà del cammino c’è la città di Sahagun. Altra città tipicamente del nord della Spagna, con rovine di cattedrali, mura, case diroccate e mai ricostruite: è proprio vero che la Spagna tolte quelle tre quattro città straricche e strafamose, il resto è desolazione, ricorda un po’ il Messico, o se vogliamo l’entroterra del meridione italiano, e il paesino di Castrojeriz, autentica città fantasma, ne è una prova lampante. Finalmente l'ultimo tratto: la Galizia, terra collinare con propria lingua e proprio modo di pensare (indipendentista), la terra più ad ovest in Europa che mantiene il nostro fuso orario, e dove alle undici di sera di luglio è ancora giorno. In Galizia affrontiamo due salite molto dure, il Cebreiro e la Cruz de Hierro, finita la seconda ci trova davanti ad una discesa mozzafiato, dove in certi punti dovresti quasi stare attento a percorrerli a piedi, e in bici, per quanto tu possa premere a fondo i freni, la bici continua a correre e quando puoi, devi fermarti a riposare le dita delle mani.
Passato tutto questo l’ultima tappa è la tranquilla cittadina di Portomarin, a meno di 100 km dall’arrivo, poi il giorno dopo alle quattro del pomeriggio, con un paio di giorni d’anticipo, si arriva nella piazza centrale di Santiago. E distesi all’ombra per un paio d’ore, osserviamo quella splendida cattedrale che significa vittoria.

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